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Autoclave

L’acqua potabile viene consegnata all’utente ad una pressione variabile dipendente dal punto di consegna e dal periodo della giornata in base all’andamento del consumo, che produce perdite di carico nelle tubazioni.
Solitamente la pressione dell’acquedotto consente all’acqua di raggiungere un’altezza di alcune decine di metri, ma di frequente in molti palazzi gli ultimi piani ricevono una pressione insufficiente per il corretto funzionamento di alcuni apparecchi ed un flusso d’acqua limitato e instabile.
Per risolvere a questi disturbi si impiegano impianti in grado di accrescere la pressione dell’acqua. Tali impianti sono normalmente chiamati autoclave. Un generico impianto di un’autoclave è costituito da:

  • un serbatoio di accumulo per immagazzinare un certo quantitativo d’acqua in arrivo dalla rete (non sempre presente);
  • una pompa elettrica, compresa di componente inverter solitamente di tipo centrifugo, con portata e prevalenza adeguate;
  • un contenitore a pressione in cui è presente una camera d’aria, chiamato anche polmone;
  • un pressostato, cioè un interruttore in grado di accendere la pompa in funzione della pressione dell’acqua

L’acqua ricevuta dall’acquedotto viene spinta nel polmone con una pressione maggiore di quella di rete per azione della pompa. In questo contenitore è presente una camera d’aria che per effetto della pressione si comprime, agendo come una molla, in modo che allo spegnimento della pompa l’acqua venga mantenuta in pressione. Un pressostato avvia la pompa quando la pressione è inferiore ad un limite minimo e la spegne al raggiungimento del valore massimo prefissato.

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